Foto di Mimmo Frassineti, 1991
Toti Scialoja nacque in una famiglia originaria di Procida, di professori universitari e giuristi, fondatori e proprietari della rivista «Foro italiano». Il bisnonno Antonio Scialoja fu il primo ministro della Pubblica Istruzione del governo italiano insediatosi, dopo la breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870, in Roma capitale. Il padre Gustavo fu ingegnere chimico, ispettore capo del Ministero delle Corporazioni. Interrotti gli studî giuridici, dal 1937 si dedicò alla pittura: nel 1939 un suo disegno viene segnalato dalla giuria della Quadriennale di Roma e nel 1940 realizza la sua prima personale a Genova. Durante la guerra, e prima di partecipare alla Resistenza, espone a Roma con Giulio Turcato ed Emilio Vedova. Dopo una prima esperienza espressionista, legata alla scuola romana, giunse dal 1955 all’astrattismo e sperimentò tecniche diverse, dal dripping all’uso di stracci impregnati di colore, dallo stampaggio agli inserti materici. Le sue opere, strutturate negli anni Settanta in elementi geometrici ritmicamente scanditi, dopo il 1982 riproposero un linguaggio di matrice gestuale. Direttore (1982) dell’Accademia di Belle arti di Roma, dal 1988 realizzò anche sculture. Parte integrante della sua ricerca fu il lavoro per il teatro, al quale si dedicò collaborando con scrittori, musicisti, registi e coreografi d’avanguardia (V. Pandolfi, A. Miloss, R. Vlad). Tra i suoi allestimenti si ricordano: L’opera dello straccione di J. Gay (1943, proibita dalle autorità fasciste); i balletti Marsia di L. Dallapiccola (1948) e Il principe di legno di B. Bartók (1950); Traumdeutung di E. Sanguineti (1964), Il Ratto di Proserpina di Rosso di San Secondo (1986). Oltre che in prose liriche (I segni della corda, 1952), la sua raffinata vocazione poetica si espresse in numerose raccolte di versi (alcune da lui stesso illustrate), ricche di umorismo, giochi verbali e nonsense (Amato topino caro, 1971; Scarse serpi, 1983; Le sillabe della Sibilla, 1988; I violini del diluvio, 1991; ecc.).